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Nella giornata mondiale del colangiocarcinoma CCA, il tumore che, attaccando alla colecisti è ritenuto come uno dei più aggressivi in quanto inoperabile e privo di terapie in grado di prolungare la sopravvivenza dei pazienti, è stato protagonista di una novità. I ricercatori dell’Irccs de Bellis di Castellana Grotte hanno fatto un’importante scoperta.
Ironia della sorte, proprio ieri gli studiosi pugliesi hanno approfondito i meccanismi molecolari alla base della sua elevata malignità e hanno per la prima volta dimostrato come un recente farmaco, ancora in via sperimentale, sia in grado di bloccare questa ricezione di informazioni e di come sia capace di inibire l‘aggressività del colangiocarcinoma bloccando la neoangiogenesi tumorale. Con questo termine, è bene spiegarlo, si intende la formazione di nuovi vasi sanguigni, indispensabili anche per la vita delle cellule tumorali, praticamente tagliando loro i rifornimenti.
Dopo oltre quattro anni di duro lavoro, e grazie agli oltre 500.000 euro legati in gran parte a un progetto di ricerca Airc, i risultati della ricerca sono appena stati descritti, almeno per questo ambito applicativo, in un articolo scientifico pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Cell Death and Differentiation (appartenente al Nature Publishing Group) dal titolo Crenigacestat, a selective NOTCH1 inhibitor, reduces intrahepatic cholangiocarcinoma progression by blocking VEGFA/DLL4/MMP13 axis.
Sebbene si tratti di una ricerca preclinica, i modelli del tutto innovativi utilizzati per la prima volta in questo ambito, hanno previsto l’uso di materiale umano. I risultati ottenuti dal team composto da Serena Mancarella, Grazia Serino e Francesco Dituri, fanno ben sperare per il futuro impiego di questo approccio terapeutico in studi clinici.
La ricerca, interamente condotta nel nosocomio pugliese, si apre ora la filone delle neoplasie gastroenteriche. Come ha poi commentato il direttore scientifico Gianluigi Giannelli, il messaggio da diffondere dopo questa scoperta dovrebbe essere quello di diffondere l’idea che fare ricerca restando nella propria terra di origine sia possibile.
Data: 13 Feb 2020
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