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Nello studio su scala mondiale del Covid-19 c’è anche il reparto di Medicina Interna dell’Ospedale F. Miulli di Acquaviva delle Fonti.
Il nosocomio pugliese, infatti, è stato pubblicato su riviste scientifiche di alto profilo in seguito al suo studio su due importanti aspetti riguardanti il SARS-CoV-2: l’identificazione dei fattori di rischio di mortalità per i pazienti affetti da coronavirus e l’efficacia dell’utilizzo dell’idrossiclorochina nel ridurre il tasso di decessi.
Il lavoro, particolarmente complesso, ha coinvolto 30 centri e oltre 100 medici sparsi per l’Italia, per un coordinamento che ha visto coinvolta anche la Covid Unit del Miulli diretta dal dott. Franco Mastroianni e un team disciplinare schierato per fronteggiare l’epidemia.
“Il primo studio riguarda l’uso di un farmaco molto controverso all’epoca della pandemia: l’idrossiclorochina – ha spiegato il dottor Mastroianni – e ha visto impegnati, tra gli altri, anche il dott. Andrea Madaro, il dott. Massimo Rinaldi e il dott. Amedeo Venezia. Lo studio multicentrico italiano è stato realizzato durante l’emergenza, periodo in cui tutti noi eravamo coinvolti direttamente nell’assistenza del paziente. Nondimeno, l’importanza della ricerca ci ha motivati tutti a dare un contributo oltre la stanchezza ed il sacrifico di quei giorni. I risultati sono stati davvero importanti in quanto abbiamo dimostrato che il trattamento con l’idrossiclorochina ha ridotto la mortalità intraospedaliera dei pazienti affetti da Sars-Cov2“.
Condotto su più di 3.400 pazienti in tutta Italia, questa indagine è stata recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista European Journal of Internal Medicine, mentre una seconda ricerca che ha visto diffusione su Nutrition Metabolism and Cardiovascular Disease è stata condotta per identificare eventuali fattori di rischio di mortalità in soggetti affetti da infezione da Sars-CoV2. Assieme al dott. Mastroianni, il Miulli ha messo in campo le competenze del dott. Giovanni Larizza, della dott.ssa Giulia Righetti e del dott. Antonio Scarafino.
La conclusione dell’analisi, effettuata su più di 3.800 pazienti, è che l’insufficienza renale, la gravità dello stato infiammatorio e l’età avanzata sono stati i fattori di rischio più importanti di mortalità intraospedaliera. “Questi risultati ci confermano che l’uso dell’idrossiclorochina non solo è sicuro, ma è anche efficace”, prosegue Mastroianni, “quindi possiamo disporre di un’arma in più per la terapia dei soggetti affetti da infezione. Questo ci consente di identificare fattori di rischio di mortalità che, se individuati precocemente, possono essere utilissimi nel pianificare le cure e comprendere qual è il paziente a più alto rischio di conseguenze negative”.
A dimostrazione del grande fermento scientifico del gruppo dei medici della COVID Unit del Miulli, altri studi sono attualmente in corso o già in fase di valutazione per la pubblicazione.
Data: 15 Set 2020
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