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Castellana Grotte si rivela all’avanguardia nella ricerca medico-scientifica. Il professor Gianluigi Giannelli, direttore scientifico dell’Irccs de Bellis, è stato infatti premiato per una scoperta importante legata alla terapia per il tumore al fegato. Il prestigioso riconoscimento “Paladini italiani della Salute”, ritirato a Roma, è stato consegnato a chi si è distinto per le migliori ricerche pubblicate nel periodo 2015-2020.
A conferire il premio in Campidoglio è stato il presidente del Comitato scientifico Walter Ricciardi, facente parte del Comitato esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’iniziativa mira a dare lustro agli studi più prestigiosi e innovativi che si siano mai compiuti nel campo della ricerca medico-scientifica.
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Grazie alla ricerca condotta al de Bellis da Giannelli e dalla sua equipe, è stato possibile acquisire nuove conoscenze in merito alla personalizzazione della terapia per l’epatocarcinoma: in questo modo non solo si evitano trattamenti di scarsa utilità, ma vengono ottimizzati anche i costi e migliorate le gestioni cliniche della terapia.
Oltre a questo studio, il professor Giannelli, docente universitario e autore di più di 200 pubblicazioni su riviste internazionali, ha preso parte a numerosi progetti di ricerca in ambito nazionale ed europeo; rientrato in Italia dopo aver lavorato cinque anni in California, dal 2016 è direttore scientifico dell’Irccs de Bellis.
L’epatocarcinoma è uno dei tumori al fegato più frequenti, si tratta infatti della quinta neoplasia più diffusa a livello mondiale, nonché della terza causa di morte legata al tumore. La prognosi e la sopravvivenza di chi scopre di avere questa malattia sono ad oggi insoddisfacenti, perché le terapie più efficaci, chirurgia o trapianto di fegato, possono essere somministrate solo a un piccolo numero di pazienti.
Al momento l’unico farmaco approvato per trattare i pazienti in stadio avanzato (che non possono più essere trattati chirurgicamente) è il Sorafenib: questo medicinale ha la capacità di inibire la proliferazione delle cellule tumorali, provocandone la morte. Si tratta, però, di un trattamento farmacologico con cui è possibile allungare la sopravvivenza dei pazienti solo in un terzo dei casi, perché nei primi sei mesi di terapia alcuni malati sviluppano una resistenza al farmaco.
Cosa ha dimostrato la ricerca condotta da Giannelli? Che nel microambiente tumorale esiste una particolare proteina (Laminia-332) capace di contrastare l’efficacia del medicinale Sorafenib. Si è così scoperto che per aggirare il problema è necessario farla interagire con un recettore specifico a cui la proteina si lega.
Data: 4 Nov 2021
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