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Cucina e migranti: il progetto dello chef barlettano Giovanni Rociola

Cucina e migranti: il progetto dello chef barlettano Giovanni Rociola

Può la cucina essere elemento di integrazione? E il cibo, condiviso a tavola, può essere la prima pagina di un libro scritto raccontandosi per due settimane? La risposta è sì, se porrete la domanda a Giovanni Rociola: chef classe 1987 nato e formatosi a Barletta, con un diploma alberghiero in tasca dal 2006, Rociola è stato artefice di un corso “di formazione e informazione” nel segno del volontariato presso il centro di accoglienza straordinaria per immigrati “Le Murge”, in località quarto di Palo, ad Andria. Allievi d’eccezione sono stati 60 ospiti della struttura: provenienti in gran parte dal Nord Africa, i giovani ospiti del centro (di età compresa tra i 18 e i 28 anni) sono stati guidati, spiega Rociola, “a prendere atto della stagionalità dei prodotti in modo che riescano un giorno a prendere attività lavorativa grazie alla formazione”.

Lo chef istruttore per due settimane nel centro Le Murge di Andria

“Lo svolgimento dell’azione volontaria era finalizzato ad un miglioramento delle preparazioni di cucina e alla giusta assimilazione di pasti” spiega. L’abilità ai fornelli diventa così un mezzo per ottenere una nuova possibilità. La carriera di Rociola affonda le proprie radici nella Città della Disfida, ma ha trovato solide basi dopo un lungo e fruttuoso peregrinare, per una formazione maturata tra pasticcerie e bar locali fino al salto oltre la Manica: Cambridge. Lì Giovanni ha conosciuto la cucina tradizionale britannica, lavorando in un pub anni ’50 e conservando sempre le radici come stella polare della propria esperienza ai fornelli. L’esperienza di quattro anni e mezzo nelle cucine di un pregiato ristorante di Bari, “Bacco”, ne ha arricchito il curriculum: alla stima dei clienti, però, Rociola ha voluto affiancare una dote importante. La volontà di dare qualcosa a chi cerca di trovare nuovi orizzonti. Così è maturata l’intesa con il Consorzio Matrix, gestore del Centro Cas Le Murge, e i suoi operatori: “E’ un progetto che nasce dall’ostinata volontà di far capire anche a chi ha poco tra le mani che un semplice abbinamento tra patate e cipolla può risultare un ottimo piatto”.

Due settimane di lavoro, per 32 ore complessive all’opera. Tanto è durato il progetto concluso ieri, venerdì 28 gennaio. A misurarsi con pranzi e cene sono stati in 60, quanti sono gli ospiti del Centro. E’ nata subito “una forte empatia”, figlia anche della giovane età dei partecipanti: dai 18 ai 28 anni gli aspiranti chef, 30 anni per Giovanni e qualche primavera in meno per i suoi collaboratori Giuseppe Ferrante, di Trani, e Marco Matera, di Barletta. “Davanti si sono trovati dei ragazzi come loro: anche per noi la cucina è una continua scoperta. La cosa più bella è che ognuno riusciva a dare maggior coraggio agli altri. Non si è trattato di un progetto fine a se stesso, ma nato anche per capire chi può avere un futuro in cucina”. Le problematiche non sono mancate, ma “non hanno riguardato l’organizzazione quanto la proposta dei piatti: la difficoltà maggiore è stata fargli capire quanto alcuni piatti, seppur meno ricchi di ingredienti, possano essere più nutrienti”. Ora sarà tempo di continuare la ricerca, affiancando al talento i protocolli necessari per operare in cucina: “Solo due di loro avevano l’ HACCP (Hazard-Analysis and Critical Control Points) per poter lavorare in cucina, ma con tutti gli allievi abbiamo avuto un rapporto costante, di formazione e alimentazione della conoscenza-spiega Giovanni-Ho visto lampi di talento nel 15% dei partecipanti”. Cosa è stato apprezzato di più dagli ospiti, una volta diventata commensali? “La focaccia, quella ha un sapore universale (ride, ndr). O ancora una cheese-cake fatta con del pane avanzato, una torta salata di carne e pane. Abbiamo giocato molto sul recupero: il messaggio era quello. Altrimenti avremmo fatto la spesa tutti i giorni, ma che segnale avremmo dato?”.


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