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Scoperto un acquedotto del Neolitico a Scaloria e Occhiopinto

Scoperto un acquedotto del Neolitico a Scaloria e Occhiopinto

Un gruppo archeo-speleologico guidato da Coppolecchia ha condotto le ricerche grazie alle quali si è scoperto un acquedotto del Neolitico nella grotta Scaloria e Occhiopinto. L’acquedotto risale al 4.000 a. C. ed è stato il presidente del gruppo archeo-speleologico “Città di Manfredonia” già scopritore della Scaloria bassa e prezioso collaboratore del professor Santo Tinè, nel corso degli studi al complesso nel 1967, a fare questa scoperta.

Da tempo si è aperto un confronto con gli addetti ai lavori ma l’ufficializzazione, nonostante le diverse conferme e condivisioni non è ancora arrivata. Diversi i pareri con i quali diversi studiosi e archeologi sostengono che nelle grotte venisse svolto un semplice rituale legato al culto dell’acqua, un’idea che non convinceva del tutto lo studioso Coppolecchia diverse volte tornato in quelle caverne.

Secondo Coppolecchia nel complesso Scaloria-Occhiopinto ci si può ritrovare dinanzi ad un primitivo acquedotto, una straordinaria opera dell’uomo, incantevole seppur nella sua semplicità. Un metodo mediante il quale si fronteggiavano le necessità quotidiane dell’uomo primitivo. La siccità persistente da secoli, come riportano i grafici inerenti il clima dal 10.000 a. C. fino all’anno zero, stimolò la necessità di elaborare un pratico sistema attraverso il quale raccogliere acqua approvvigionandosi costantemente. Proprio a questo scopo fu ideato un semplice sistema fatto di centinaia di conche scavate nella roccia calcarea, collegate tra loro da solchi che guidavano l’acqua traboccante dalle vasche piene sino a quelle adiacenti e appena sottostanti. Dove non era possibile scavare conche si ponevano vasi di raccolta in modo che nessuna goccia d’acqua andasse sprecata.

«Per portarla all’esterno – sostien Coppolecchia – è presumibile che utilizzassero degli otri, capienti ma soprattutto flessibili e in grado di strisciare contro le pareti del cunicolo senza rompersi. Tra l’altro, l’intero territorio del Gargano è disseminato di analoghi sistemi di raccolta di acque, con conche realizzate nella roccia lungo i percorsi degli armenti. –e prosegue– Nelle grotte possono formarsi conche naturali, il cui termine tecnico è “marmitta”, per effetto di correnti di acqua o aria che muovono i detriti in senso circolare che a lungo andare scavano la roccia. Ma ciò non è dato rilevarlo nel complesso Scaloria-Occhiopinto in quanto non sono presenti né correnti d’aria né di acqua».


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