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Bruxelles «può obbligare gli stati membri a rimuovere tutte le piante potenzialmente infettate» incluse quelle «non presentanti sintomi d’infezione, qualora esse si trovino in prossimità delle piante già infettate». Questa misura, infatti, «è proporzionata all’obiettivo di protezione fitosanitaria» ed «è giustificata dal principio di precauzione», in base alle prove scientifiche in possesso della Commissione. Con questa comunicazione la Corte di giustizia Europea ha spento di fatto nella giornata di ieri le speranze della Puglia di riuscire a salvare gli alberi infettati dal batterio killer. Con la sentenza resa nell’ambito di un procedimento accelerato, i giudici di Lussemburgo confermano «la validità della decisione della Commissione» con cui ha imposto l’obbligo di procedere alla rimozione immediata delle piante ospiti del batterio killer degli ulivi, indipendentemente dal loro stato di salute, se situate in un raggio di 100 metri attorno alle piante infettate. Questa decisione non prevede di per sé un regime di indennizzi per gli agricoltori. Ciò significa che in Puglia potrebbe aprirsi presto una nuova stagione di abbattimenti, considerato che il Tar Lazio aveva imposto la sospensione dei provvedimenti di eradicazione in attesa della pronuncia dei giudici europei. Ora la questione tornerà all’esame del Tribunale amministrativo italiano, che – alla luce di tale precisazione – dovrà rivalutare l’intera vicenda. Con grave rischio per la sopravvivenza degli alberi.
Secondo la Corte, infatti, questo «non è in contraddizione con l’obbligo di eseguire un opportuno trattamento fitosanitario» che riguarda non la pianta in se ma gli insetti `vettori´ dell’infezione batterica, e quindi mira a limitarne il rischio di diffusione «al momento della successiva rimozione della pianta». Inoltre, sebbene i pareri scientifici non abbiano dimostrato l’esistenza di un sicuro nesso causale tra la Xylella e il disseccamento degli ulivi, risulta «una correlazione significativa tra tale batterio e la patologia di cui soffrono gli olivi». Di conseguenza, il principio di precauzione «può giustificare l’adozione di misure di protezione come la rimozione delle piante infette», tenuto conto anche del fatto che è la cicalina, che vola a un centinaio di metri, a diffondere il batterio e che le piante appena contaminate non mostrano immediatamente i sintomi. Si tratta quindi di una «misura appropriata e necessaria. Nessun trattamento guarisce le piante infette».
Allo stesso modo, «la Corte considera che la rimozione delle piante ospiti situate in prossimità delle piante infette è rigorosamente proporzionata», vista anche l’adozione da parte della Commissione, nel 2014, di misure meno gravose che non hanno consentito di impedire la propagazione del batterio nella parte settentrionale della provincia di Lecce, e la rinuncia ad imporre la rimozione delle piante ospiti situate in prossimità delle piante infette in presenza di alcune circostanze, ossia quando, come nel caso della provincia di Lecce, l’eradicazione del batterio Xylella non è più possibile. Lussemburgo avverte però che, in caso di nuovi dati scientifici da cui emergesse che non è più necessario procedere all’abbattimento delle piante ospiti, la Commissione dovrebbe modificare le misure. Allo stesso modo ricorda che, sebbene queste non prevedano un indennizzo ai proprietari, questo non può però essere escluso.
Sul tavolo anche le rimostranze di Coldiretti Puglia. La Corte Ue – spiega il presidente della Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – ha stabilito che la Commissione europea può obbligare gli Stati membri a rimuovere tutte le piante potenzialmente infettate dal batterio Xylella fastidiosa, ancorché non presentanti sintomi d’infezione, qualora esse si trovino in prossimità delle piante già infettate, perché la misura è proporzionata all’obiettivo di protezione fitosanitaria nell’Unione ed è giustificata dal principio di precauzione. «L’Ue – continua Cantele – oltre a confermare la violenza delle misure precedentemente adottate, scarica incredibilmente la patata bollente sull’Italia che dovrà ipotizzare in solitudine un regime che conceda ai `proprietari dei fondiinteressati un indennizzo ragionevolmente commisurato al valore delle piante distrutte´».
Data: 10 Giu 2016
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