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Con l’arrivo della stagione autunnale le dispense di tutta Italia si arricchiscono grazie alla presenza del pregiato tartufo, ingrediente dall’indubbio valore che in Puglia cresce florido in diverse aree dal Salento alla Daunia. La variante locale, lo Scorzone in particolare, giunge a maturazione già durante l’estate, e non è raro che qualcuno prepari gustose ricette con il prezioso fungo già in pieno agosto. Il valore dell’ingrediente non è legato solo alla sua rarità, il cui ritrovamento è spesso accompagnato a ore di ricerche, ma anche alla difficoltà con cui è possibile lavorarlo in cucina. Non è necessario essere cuochi provetti per lavorare su di un tartufo, tuttavia è sempre bene fare attenzione e seguire una serie di accorgimenti per evitare di perdere un ingrediente così raro e prezioso.
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Il primo punto chiave, ogni volta che si ha a che fare con un prodotto di origine selvatica, passa sempre dal suo lavaggio. Non in questo caso, poiché il tartufo soffre l’umidità in maniera davvero accentuata, e un suo passaggio violento sotto l’acqua corrente ne comprometterebbe irrimediabilmente il sapore. Anche solo portalo a bagno lo rovinerebbe, quindi è necessario eseguire la pulizia seguendo delle norme specifiche. I vari residui di terra vanno eliminati grazie al supporto di uno spazzolino con setole morbide, a cui è concesso al massimo un piccolissimo filo di acqua corrente se lo sporco è davvero molto. Terminato il tutto, anche l’asciugatura va eseguita con cura e delicatezza.
I tartufi assorbono facilmente l’umidità, marcendo in fretta, anche se posti in frigo. Il loro tasso di decadimento è elevatissimo, ed è sempre bene ricordarsi di consumare il fungo entro breve tempo. Qualora questo non fosse possibile, prima di conservarli al fresco, avvolgeteli con una carta assorbente da cucina da cambiare ogni giorno e metteteli in un contenitore in vetro sigillato. La resistenza massima per un tartufo nero è una settimana, per la loro variante bianca anche meno, in seguito perderanno profumo e sapore.
Un tartufo non va consumato mai freddo. Una volta estratto dal frigorifero bisognerà attendere almeno un’ora prima di prepararlo, poiché è con il calore che sprigiona il meglio del suo aroma, in particolar modo a temperatura ambiente. Se gelido il suo retrogusto sarà nullo ed il risultato atteso non sarà minimamente paragonabile a quello ottenuto.
Il più raro e costoso è il tartufo bianco, e quando ci si trova a lavorare con questo è opportuno tenere sempre a mente una norma basilare: non va mai cucinato. La sua delicatezza è estrema, con una temperatura anche solo leggermente maggiore del normale perderebbe ogni caratteristica distintiva. Il solo modo con cui è possibile renderlo partecipe delle varie ricette è tagliarlo in scaglie, solitamente guarnendo piatti già cotti come pasta e carne.
Il tartufo nero, come lo Scorzone pugliese, è più solido e capace di tollerare meglio il calore, ma non moltissimo. Non andrebbe mai soffritto o arrostito, è invece opportuno aggiungerlo sempre a fine cottura, tenendo sempre a mente che il meglio dell’ingrediente giunge quando è crudo.
Data: 24 Ott 2018
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