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Un’atmosfera emozionante, condita da un cielo plumbeo e un’aria insolitamente mite per il mese di gennaio, ha fatto da cornice all’azione in prima mondiale dell’artista internazionale Regina José Galindo con la comunità di Novoli, inerente al tema del fuoco rigeneratore e propiziatorio. Leone d’Oro alla 51ima Biennale di Venezia, la Galindo ha trasferito per un giorno la sua arte dal Guatemala a Novoli per costruire intorno al proprio corpo un abito di fasci di tralci di vite. Il corpo diventa così la metafora del fuoco che combatte le persecuzioni, in particolare delle donne, che allontana i linciaggi e i pregiudizi etici e morali.
L’azione si è svolta ieri pomeriggio nella località Strada Vicinale Bellisario, un podere rurale tra Novoli e Campi Salentina, nell’ambito delle iniziative per la Fòcara 2016: il corpo vivente dell’artista diventa la metafora del fuoco che combatte le persecuzioni, in particolare alle donne, che allontana i linciaggi e i pregiudizi etici e morali. Un gruppo di volontari misti, uomini e donne, ha ricoperto di fascine Regina Galindo – posta su un alto basamento in tufi e terra, scandito da due livelli – per una altezza totale di oltre 3 metri. L’affastellamento delle fascine sul corpo crea una pira ieratica e austera di tralci di vite simile a quella della Fòcara. Si può leggere qui il senso di un nuovo corpo prodigioso che irrompe fuori dalle limitazioni corporali e psicologiche dell’individuo. Un corpo simbolico che contiene dentro di sé l’essere straniero giunto dall’America Latina (l’inclusione dell’altro), e nel quale sembrano celarsi le paure della nostra società, a volte divisa, antagonista e intollerante.
“Regina José Galindo – il commento del critico d’arte Giacomo Zaza – muove dalla visione sociale e storica del falò inteso come atto di vita e di purificazione, ma anche di anticorpo contro le avversità e la malignità. Guarda alla fede religiosa in virtù delle sue potenzialità rivoluzionarie, mettendo da parte il versante “dogmatico” e controriformista (il cui apice è stato toccato durante il Medioevo e l’Età moderna). Si sofferma sulla forza emancipatrice del falò. Inoltre vede nella forma conica di fascine una dichiarazione forte e presente che diventa il “segno” di una protezione contro i soprusi alle donne che ancor oggi sono perseguitate con false accuse, dove soltanto il dubbio e il sospetto legittimano la loro condanna”.
Data: 16 Gen 2016
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