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Nonostante il difficile periodo storico, l’agricoltura in Puglia continua a confermarsi in ripresa. Dopo una costante flessione del numero delle aziende, infatti, si sta registrando una sorprendente inversione di tendenza, che lascia ben sperare per i prossimi mesi.
A darne notizia è Cia-agricoltori italiani della Puglia, che sottolinea come sia questo il quadro che emerge dall’ultimo studio condotto dall’Osservatorio economico di Davide Stasi, che ha preso in esame tutte le imprese attive, escludendo quelle fallite o cessate, iscritte al “Registro Imprese” delle Camere di commercio pugliesi.
Nonostante nell’ultimo decennio si siano perse ben 11.785 aziende agricole (nel 2010 ne erano 88.943), durante il lockdown e nei mesi a seguire sono aumentate di 716 unità (erano 76.442 al 29 febbraio scorso) e ora sono 77.158, rappresentando il 23,5% del totale delle imprese attive pugliese.
Ben 22.966 hanno sede legale in provincia di Foggia; 18.455 sono ubicate in quella di Bari; 10.474 in quella di Taranto, 8.913 in quella di Lecce; 8.856 in quella di Barletta-Andria-Trani, 7.335 in quella di Brindisi (e altre 159 senza indicazioni della rispettiva provincia).
Come sottolineato da Raffaele Carrabba, presidente di Cia-agricoltori italiani della Puglia, l’agricoltura rappresenta oggi quasi un quarto delle imprese complessivamente attive all’interno della nostra regione.
Il settore primario, come sottolineato, può quindi rappresentare un’importante opportunità di fare impresa. Questo comparto, dopo anni, torna finalmente a essere dinamico e vitale, oltre che strategico per l’economia, il turismo e la creazione di nuovi posto di lavoro, soprattutto tra i più giovani.
Agricoltura e tecnologia sono un binomio senza tempo. Nell’epoca dell’emergenza pandemica, l’agricoltura deve centrare nuovi obiettivi, come l’utilizzo, senza sprechi, delle risorse idriche (il 70 per cento dell’acqua dolce globale viene drenata dall’agricoltura), la fertilità del terreno (attraverso la riduzione delle superfici coltivate intensamente) e il miglioramento della resa (con sensori tutor che monitorano il terreno); ed ancora, lo sviluppo di applicazioni che vanno dall’ottimizzazione produttiva e qualitativa alla riduzione dei costi aziendali, dalla minimizzazione degli impatti ambientali con sementi, fertilizzanti, agrofarmaci fino al taglio del consumo di carburanti. Il settore primario necessita di nuove figure professionali per il crescente ricorso all’automazione, all’intelligenza artificiale, alle machine learning, ai droni e non solo.
Data: 9 Nov 2020
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