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Leonardo Adorni, Jacopo Maria Bianchini e Alessandro Mori sono i simpaticissimi protagonisti dello spettacolo “Nuova Barberia Carloni”, in scena domenica 17 febbraio al Teatro Umberto Giordano di Foggia.
Tre barbieri – clown, acrobati e musicisti – andranno a ricreare l’atmosfera delle vecchie barberie, inebriate dall’inconfondibile odore di brillantina. Si rievocheranno i vecchi ricordi, di quando il barbiere cantava, suonava, serviva da bere, consigliava, intratteneva i suoi ospiti, il tutto mentre faceva barba e capelli.
Lo show, realizzato dalla compagnia teatrale italiana Teatro Necessario nell’ambito del “XXIV Festival Internazionale del Teatro per Bambini di Haifa”, per la regia di Mario Gumma, ruota intorno al tempo dell’attesa. Quella del cliente nei confronti del barbiere, intento a cimentarsi in singolari dimostrazioni di abilità. L’attesa dello spettatore che, ad un certo punto della storia, non può che temere una terribile evoluzione. Ma ciò che maggiormente trapela dallo spettacolo è una marcata crisi di identità, dal momento che ‘essere barbieri’ significa ‘avere un cliente’ così come ‘essere attori’ significa ‘avere un pubblico’.
E così, questi artigiani del cuoio capelluto, come se fossero veri sciamani e dottori, si rivelano in grado di risolvere ogni problema, tra acrobazie, giocoleria, comicità e suspence, ancorati alla certezza che il cliente ne uscirà rigenerato nel corpo ed elevato nello spirito.
Non bisogna andare molto indietro nel tempo per ricordare come la barberia fosse il luogo di ritrovo preferito dai signori. Si poteva discutere dei propri affari, liberare i propri pensieri. Era un posto in cui sorseggiare un buon caffè, ascoltare della musica e, soprattutto, farsi due risate per gli aneddoti balzani del fidato barbiere. Cosa è rimasto di quell’angolo di pace? Oggi, nelle pochissime barberie di provincia, non restano che vecchi ricordi sbiaditi dal tempo, fra specchi appannati e ricoperti da una ragnatela di graffi, vecchie sedie cigolanti, arnesi arrugginiti e impazienti avventori in silenziosa attesa del proprio turno.