puglia
Percorsi archeologici

Home » Percorsi archeologici » Lecce e il suo territorio. Percorso archeologico

Lecce e il suo territorio. Percorso archeologico

LECCE » Teatro romano, Anfiteatro, Museo Archeologico Provinciale “S. Castromediano”, area archeologica di Rudiae
CAVALLINO » “Museo Diffuso”
POGGIARDO-VASTE » Museo Archeologico della Civiltà Messapica
MELENDUGNO-ROCA VECCHIA » Grotta della Poesia
GIURDIGNANO, MARTANO » Menhir, dolmen
MURO LECCE, ALEZIO, UGENTO, PATÙ » Museo Civico Messapico, Museo Civico di archeologia e paleontologia “S. Zecca”, Centopietre

LECCE

La messapica Sybaris assunse il nome di Lupiae in età romana: collegata a Brindisi da un prolungamento della Via Traiana, visse il suo massimo splendore nel II sec d.C. al tempo di Marco Aurelio. Pur essendo universalmente nota soprattutto per gli splendidi monumenti barocchi, Lecce sorprende anche per la sua archeologia che ha restituito case ornate da mosaici, rovine monumentali, un teatro ed un anfiteatro incastonato nel cuore “moderno” della città, a testimonianza della notevole importanza di questa in epoca imperiale.
Sono proprio questi due monumenti a sottolineare il ruolo di primo piano assunto nel territorio dalla Lupiae romana: gli scavi condotti presso il Teatro Romano, risalente all’età di Adriano, ne hanno portato alla luce l’orchestra e alcune file di gradinate e si ritiene che l’intero complesso potesse accogliere circa 5000 spettatori; l’Anfiteatro, grandiosa costruzione riportata parzialmente alla luce agli inizi del ‘900 (quasi certamente centro di una vasta area pubblica comprendente anche una palestra e il teatro stesso), presentava in origine due ordini di gradinate e un parapetto ricco di elementi decorativi a rilievo (scene di lotta tra uomini e animali) in parte esposti presso il Museo Archeologico Provinciale “S. Castromediano”. Fondato nel 1868 da Sigismondo Castromediano duca di Cavallino, è il museo più antico di Puglia ed è articolato in tre sezioni: l’Antiquarium, con la sue collezioni divise per classi; il Museo Topografico che accoglie reperti di diversa provenienza geografica quali Roca, Rudiae, Cavallino, Poggiardo, Leuca e la stessa Lecce; per ultima la Pinacoteca. Vasi attici, apuli e messapici, bronzi, terrecotte, iscrizioni e sculture provenienti dal teatro romano costituiscono il nucleo centrale del museo.
A circa 2 km a sud di Lecce vi è l’area archeologica di Rudiae, necropoli della contemporanea Lupiae, fondata secondo la tradizione dal re salentino Malennio; dall’antica Rudiae (V-IV sec a.C. ) proviene la maggior parte dei reperti custoditi nel museo leccese: splendidi vasi messapici, corredi funerari e numerose trozzelle sono stati rinvenuti nell’area che attualmente presenta i resti di un ninfeo, diverse tombe, un ipogeo messapico e un insolito anfiteatro ellittico.

Scopri di più su: Rudiae, il Parco Archeologico di Lecce e il suo anfiteatro

CAVALLINO

L’area archeologica di Cavallino, con l’istituzione del “Museo Diffuso”, comprende un importante insediamento messapico racchiuso in una grande opera di fortificazione costituita da possenti mura che abbracciano un’area di circa 69 ettari di terreno ed hanno uno sviluppo di 3100 metri; le strutture più antiche sono costruite sul banco di calcarenite (la cosiddetta pietra leccese) in gran parte affiorante, nel quale è scavato il fossato, largo in media 3,50 metri e profondo 2,50 metri. Dall’abitato, formato da strutture capannicole con pareti in pietra e tetti coperti da tegole, provengono interessanti reperti ceramici ed alcuni oggetti domestici conservati nel Museo di Taranto.
La storia ci narra che l’abitato arcaico di Cavallino, al momento della sua massima espansione, viene improvvisamente colpito da una grave crisi che ne provoca un rapido abbandono, entro il primo trentennio del V secolo a.C. Tutto fa pensare ad una distruzione violenta dell’insediamento: le mura di fortificazione sono distrutte e rovesciate all’interno del fossato, all’interno del quale vengono gettati i cippi, dopo essere stati spezzati volontariamente; i muri delle abitazioni recano tracce di bruciato, le cisterne vengono riempite di pietre in modo da non poter più essere utilizzate.

POGGIARDO-VASTE

L’area archeologica di Vaste, nel comune di Poggiardo, fin dal 1981 è al centro di estesi scavi sistematici che continuano a rivelare le tracce dell’antico insediamento salentino a partire dall’origine risalente alla prima età del ferro fino alle attestazioni di epoca medievale. I frutti di più di quindici anni di ricerca archeologica sono custoditi in gran parte nel Museo Archeologico della Civiltà Messapica il quale, attraverso una ricca documentazione grafica, fotografica e didattica, offre ai visitatori una panoramica sulle popolazioni che hanno abitato queste terre; complessi funerari di età ellenistica, corredi tombali, tra i quali spicca un cratere a colonnette con scena dionisiaca, trozzelle e produzioni architettoniche indigene, compongono il corredo museale dal quale emerge per bellezza e raffinatezza una splendida lekytoa (vaso per profumi) con l’immagine di Eros attribuita alla cerchia del Pittore di Dario. Si segnala inoltre il tesoretto di stateri d’argento risalente al II sec a.C.

MELENDUGNO-ROCA VECCHIA

Famosa per la grotta della Poesia, inserita tra le 10 piscine naturali più belle al mondo, Roca Vecchia, città di fondazione messapico-romana abbandonata nel tardo medio evo, presenta un’interessante area archeologica costituita da tratti di mura messapiche, porte e numerose tombe a fossa scavate nel banco roccioso, nonché tracce dell’ insediamento risalente all’età del Bronzo.

GIURDIGNANO, MARTANO

Nella provincia di Lecce molto diffusi sono i monumenti megalitici quali menhir e dolmen. Ogni centro possiede almeno un menhir.
Nel comune di Giurdignano, definito “giardino megalitico d’Italia” per la cospicua presenza di dolmen e menhir, se ne contano più di 25 su un totale di 150 in Puglia.
Degni di nota il “Madonna di Costantinopoli” (alto 3 metri, in pietra leccese, si colloca nei pressi dell’omonima chiesa); il “Monte Tongolo” (scoperto nel 1951); i due “Vico Nuovo” (situati nella piazzetta omonima); il “Croce della Fausa” (dal nome della grotta adiacente); il “San Vincenzo” (uno dei più alti, al centro del paese); il “Madonna del Rosario” (trasformato in colonna votiva di pianta ottagonale); il menhir più importante è sicuramente il “San Paolo” che prende il nome dal santo cui è intitolata la cripta bizantina su cui s’innalza. A Martano è possibile ammirare invece il più alto menhir d’Italia, il “Menhir de Santu Totaru”, che supera i 5 metri d’altezza.
I menhir salentini furono cristianizzati nel Medioevo, soprattutto tramite l’incisione di croci sulla pietra, e vengono denominati “Osanna”.

MURO LECCESE, ALEZIO, UGENTO, PATU’

Il percorso si snoda nel basso Salento fino a raggiungere l’estremità del tacco d’Italia, dall’entroterra al mare. Partendo da Muro Leccese possiamo visitare la possente cerchia muraria di fortificazione lunga circa quattro km che fa ipotizzare l’esistenza di un importantissimo centro messapico risalente al VI sec a.c.. Ancora più antica è l’area archeologica di Alezio che conserva testimonianze della civiltà messapica che fondo nel IX sec a.C. l’antica Aletium; l’adiacente Museo Civico Messapico ospitato nel settecentesco palazzo Tufari espone epigrafi e lastre tombali messapiche rinvenute durante le campagne di scavo insieme a reperti di epoca medievale, provenienti dagli scavi urbani, consistenti in minuti oggetti di corredi funebri. Tradizione vuole che l’apostolo Pietro sia sbarcato proprio in questa zona, detta del “cucurizzato”, dove è sorto in seguito il santuario di S. Pietro di Samaria.
Ugento, l’importante centro messapico Uxentum, ospita l’interessante Museo Civico di archeologia e paleontologia “S. Zecca” il quale accoglie materiale lapideo, architravi di edifici messapici e romani, lastre tombali e, in una sala opportunamente allestita, la “Tomba dell’Atleta” risalente al VI sec a.C. e recante un ricco corredo bronzeo.
Per concludere suggeriamo un salto a Patù dove troviamo la cosiddetta Centopietre, misteriosa costruzione composta da cento blocchi di pietre isodomi di datazione incerta provenienti dalle mura dell’antica città messapica di Varetum.



Riproduzione riservata. La riproduzione è concessa solo citando la fonte con link all'articolo.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti alla Newsletter

Non riceverai spam ma messaggi in base agli interessi selezionati. Potrai inoltre annullare l'iscrizione in ogni momento.







Inserisci Azienda
Crea la tua Email
Promuovi Evento