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Esiste un giorno all’anno in cui in una città della Puglia il calore delle luci dei lampioni è sostituito da quello delle fiamme e dei falò che come fuochi fatui ne percorrono le vie. Naturalmente stiamo parlando di San Marco in Lamis, nel cuore della provincia di Foggia e della terra del Gargano, in cui ogni anno viene riproposta la caratteristica Processione delle Fracchie.
Questo è un rituale religioso antico circa quattrocento anni, che trova fondamento in uno dei momenti più drammatici del nuovo testamento e che prende luogo la notte del Venerdì Santo.
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Le fracchie sono mastodontiche torce in legno che vengono realizzate grazie all’unione di rami, schegge di legno e frasche sottili all’interno di un tronco lungo 5-6 metri tagliato longitudinalmente. Non appena viene realizzato un grande cono tenuto insieme da anelli in ferro che solitamente è possibile spostare solo grazie all’utilizzo di carretti realizzati allo scopo, la costruzione è ultimata. Questa realizzazione avviene ad opera degli abitanti di San Marco in Lamis ed è utilizzato per accompagnare la Madonna Addolorata alla ricerca del figlio Gesù ormai morto per le vie della città.
Queste strutture mobili necessitano per essere spostati almeno due uomini. Il loro movimento è possibile grazie all’utilizzo di corde robuste e infuocate dalla parte più larga grazie all’utilizzo di sostanze infiammabili debitamente versate sui legni.
Una volta accese, queste enormi torce hanno il merito di illuminare la città in piena notte, trasformandola in un crogiuolo di falò semoventi.
Il nome Fracchia ha un’etimologia incerta, si suppone possa derivare dal vocabolo latino “facula” che a sua volta significa “fiaccola” e trasformato dagli abruzzesi in “farchia” o “fracchje”, ipotesi supportata dal fatto che in Abruzzo sia possibile riscontrare torce molto simili a quelle sammarchesi.
Le origini di questa tradizionale processione pare risalgano ai primi anni del Diciottesimo secolo, ovvero al periodo in cui fu edificata la chiesa dell’Addolorata presente in città, e che le sue ragioni oltre ad essere di fondamenta religiose e storiche siano anche di natura pratica, riconducibili alle precise condizioni fisiche del centro abitato dei tempi. Difatti al tempo la chiesa dell’Addolorata, a cui tutti i cittadini erano devoti, era stata realizzata ben lontana dalle abitazioni e in una zona di campagna discretamente distante. Rimase isolata dalla sua fondazione, nel 1717, fino all’ultimo ventennio del Diciannovesimo secolo, quando ormai le case la raggiunsero. Gli abitanti del tempo pensarono bene di illuminare la strada che conduceva la chiesa dell’Addolorata alla Collegiale, luogo in cui era custodito il corpo di Cristo, grazie all’utilizzo delle fracchie in processione che, con religioso ordine e disciplina, percorrono da quattrocento anni tutto il comune durante il venerdì santo.
Una seconda ipotesi, pagana, lega l’origine della tradizione alla mancanza di illuminazione che caratterizzava le vie di San Marco in Lamis nel Diciottesimo secolo rendendo necessaria la presenza del fuoco per illuminare la processione che ogni anno era svolta in occasione del venerdì Santo e che raccoglieva migliaia di cittadini e curiosi dalle città vicine.
Il rituale, qualsiasi sia la sua origine, è un mix di dolore e fede. Le mille fiamme che illuminano la città creano ogni anno uno scenario molto suggestivo: tutte le strade del centro abitato appaiono infuocate, in quella che è una processione pasquale tra le più poetiche capace di rendere il venerdì santo di San Marco in Lamis uno dei più caratteristici della regione.
Data: 28 Feb 2018
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